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Didattica tornado

I TORNADO – 1° Capitolo: “Nell’alto dei cieli…”

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Presentazione1La vastità e la ricchezza scientifica dei tornado, considerando anche taluni concetti complementari ad essi, ancorchè integranti l’argomento, richiede uno spazio molto “ingombrante”. Per questo motivo “I tornado” costituirà un documento scientifico suddiviso per capitoli.  E’ necessario comprendere, però, che nessun capitolo potrà considerarsi a sé stante. Alcuni concetti, come ad esempio la genesi tornadica, fanno parte di una dimensione ben più ampia che sarà descritta ed esaminata nel prosieguo dei capitoli.

La lettura per capitoli non solo vi aiuterà nella comprensione di importanti ed essenziali concetti ma eviterà di farvi “permanere per troppo tempo in un tornado”. In altre parole, meno figurate, una lettura eccessiva su un sito internet potrebbe generare noia e confusione…

Allo stato attuale esistono due tipologie di fonti scientifiche sullo studio dei tornado:

Fonte sperimentale: il bacino di raccolta dei dati ottenuti mediante l’utilizzo di strumentazioni capaci (fino ad un certo limite spazio-temporale) di rilevare una notevole mole di parametri fisici. Questi vengono, in un secondo momento, analizzati ed elaborati al fine di ottenere simulazioni di riscontro oggettivo rispetto a situazioni reali. Si va dalla termodinamica alla fisica più complessa, dove l’interazione di numerosi parametri (esclusivamente fisici) risulterà necessaria alla costituzione e divulgazione di notizie scientifiche certe ed esatte.

NOOA_Tornado_R_MPI

Fonte teorica: non tutte le caratteristiche fisiche di un tornado sono patrimonio dell’analisi ed elaborazione di dati. Per cui, nonostante il poderoso progresso tecnologico sullo studio sperimentale dei tornado, ancora oggi Madre Natura non permette di verificare con assoluta certezza la dinamica di formazione ed azione dei tornado. Vengono così formulate teorie sulla base del comportamento dei fluidi in determinate condizioni di temperatura e pressione ed in presenza di forze e campi di forza che potrebbero, teoricamente, dimostrare la validità di alcuni concetti in futuro, mediante anche l’ulteriore evoluzione di tecnologie utilizzabili a tale scopo.

Tornado_T._MPI

Prefazione

Avrò l’umile e prudente speranza di ritenere questo testo un valido documento e riferimento didattico sui tornado. Se avrete il bisogno di consultare questo articolo per motivi di studio, ricerca, referenze culturali o semplice curiosità, allora non avrò deluso chicchessia per la ricchezza e correttezza dei suoi specifici contenuti ed anzi, sarò felice di interagire con altri autori, esperti, appassionati e studiosi di tornado per eventuali chiarimenti, arricchimenti, integrazioni, alienazioni, correzioni e/o approfondimenti.

PROCESSO DI FORMAZIONE DEI TORNADO

Introduzione

Per comprendere correttamente cosa sia un “evento atmosferico” complesso come quello di un tornado ritengo necessario non cominciare con la sua descrizione. E come se ci trovassimo già alla foce del fiume. Sarà dunque mia cura posizionare lo start didattico alla sorgente e comprendere dapprima un rapido percorso di informazioni prefazionali assolutamente necessarie. Nel prosieguo dell’articolo focalizzerete anche nozioni di agevole e complementare utilità alla cognizione, percezione e conoscenza dei tornado in tutti i loro aspetti senza esulare dispersivamente dall’argomento per non generare confusione con possibili altre manifestazioni legate a diverse e violente tipologie di venti non in rotazione. Il tutto in una cornice di contorno che accompagnerà costantemente il testo permettendovi di scoprire il risultato di alcuni presupposti concettuali non immediatamente comprensibili e la disambiguazione di significati, talvolta, purtroppo distorti da imprecise ed approssimative descrizioni, anche “wikipediane”, evidentemente alienabili dalla cultura meteorologica.

vortex_MPI

Il mesociclone: la potenziale madre dei tornado.

Una cella temporalesca custodisce al suo interno un updraft (sono di varie intensità chiaramente. Prendiamo in esame una vigorosa corrente d’aria calda ed umida ascendente) che se non “disturbata” da fattori estrinseci non sarebbe capace di esprimere alcun moto rotatorio (updraft e downdraft rotanti interagiscono creando una sorta di ciclone su piccola scala: il mesociclone) Quindi cos’è che imprime il moto rotatorio a quest’updraft? Occorre la sinergia di numerosi elementi. Sottolineo che le teorie sull’argomento sono piuttosto numerose ancorchè valide. Più avanti noterete che la genesi mesociclonica può avvenire dall’alto della nube ed anche dal basso (dalla superficie terrestre). Si tratta di una sorta di “collaborazione” di parametri termodinamici che, se intensamente intima e sinergica, può originare veri e propri mostri di vento in rotazione. Perché menziono la “potenziale madre dei tornado”?

Per aiutarvi ancor più nella comprensione della “complessa struttura” generatrice di tornado sono solito fare sempre un esempio di “fasi di concepimento” molto efficace:

-          Supercella: il “corpo” della “madre”.

-          Mesociclone: l’”utero” all’interno del “corpo” della “madre”.

-          Wall Cloud: l’”ovulo” all’iterno dell”utero” del “corpo” della “madre”.

-          Funnel cloud: l’”embrione/feto” sviluppatosi dall’”ovulo” all’iterno dell”utero” del “corpo” della “madre”.

-          Tornado: la massima espressione di “concepimento fisico” di una supercella mesociclonica.

Così come a volte accade nel corpo umano femminile, non tutte le supercelle avranno modo di concepire un tornado senza opportune ed adatte “cause esterne”, a cominciare da un mesociclone particolarmente “fecondo”.

Parliamo dunque di concause e l’assenza di una sola di queste potrebbe teoricamente compromettere la genesi mesociclonica e la nascita di un tornado. Cominciamo ad analizzare un primo aspetto, un primordiale e potenziale fattore tra i fattori, un ingrediente gravemente incidente su altri aspetti che analizzeremo in seguito. Aiutiamoci con la grafica:

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Un notevole “innesco termico” (ad esempio una zona brulla tra aree più ricche di vegetazione, con un elevato tasso di umidità e temperatura congeniale ad un gradiente termico verticale più favorevole rispetto ad aree contermini) produce una massa d’aria ascendente, piuttosto accentuata in relazione alle sue caratteristiche termodinamiche, tale da permetterne l’elevazione e condensazione alle quote limite della troposfera. Questa potrebbe essere influenzata da correnti a getto in quota (Jet Stream) o alle medie quote (Low Level Jet) o addirittura da entrambe. L’inflow (corrente ascensionale “in ingresso” nel sistema nuvoloso) dell’updraft non è dunque già in rotazione in questo momento. O meglio non potrebbe mai trovarsi in moto rotativo a causa di dinamiche fisiche troppo lontane dalla superficie terrestre. Il jet stream imprime una prima (o, a volte, ulteriore od ultima) rotazione al sistema temporalesco e, a causa del suo passaggio, (sarà utile dare uno sguardo, come riferimento didattico, alla teoria del “Venturi” e a quella di Bernoulli: rif. paragrafo “Complementi ed integrazioni concettuali a “I tornado” nel prosieguo dei successivi capitoli), origina forti depressioni alle quote più basse in quanto la pressione di una corrente fluida aumenta con il diminuire della velocità. Al contempo anche l’updraft è causa di decremento dei valori di pressione a causa della velocità della massa d’aria in ascesa rispetto alla massa d’aria circostante. Alle medie e basse quote il vento alimenta il sistema ed all’interno della cella, anche in relazione ai suoi moti convettivi; cominciano ad originarsi correnti d’aria discendenti (R/F Flank Downdraft) anch’essi influenzati dall’attività mesociclonica, soprattutto il RFD. Al centro della colonna d’aria ascensionale esordisce una notevole depressione con una significativa differenza di gradiente barico tra centro e periferia. Ne consegue un deflusso di masse d’aria alle basse quote (outflow) che, nonostante non siano favorite dalla direzione del vento a quella quota, rientrano per buona parte ed immediatamente in circolazione con l’updraft incrementandone ulteriormente il moto rotatorio. Se la depressione raggiunge valori notevoli (dai 20 ai 40 hPa) l’aria viene aspirata prepotentemente fino ad originare un appendice di nube ad imbuto in rotazione (funnel cloud), con una corrente circolatoria concentrata che raggiunge altissime velocità.

Funnel clouds originate da sistemi temporaleschi a cella singola sono frequenti (considerando la statistica generale italiana di rarità di questo fenomeno) sul territorio italiano, come vedremo in seguito, con particolare riferimento al waterspout (tornado non mesociclonico che si origina su superfici d’acqua) ed al landspout (tornado non mesociclonico su superfici terrestri) . Fintanto che le funnel clouds non avranno interazioni con la superficie terrestre non potranno fregiarsi del nome di tornado e per “tornado” intendiamo quello originato da un mesociclone.

Ora associamo questa teoria ad un insieme strutturale più grande ma di poco più complesso: la supercella temporalesca. Proprio questa tipologia di temporale (più esattamente una specifica categoria di essa, lo analizzeremo tra poco) è, nella quasi totalità dei casi, la responsabile della formazione dei tornado. Ma perché?

Come sempre, diamo prima uno sguardo all’illustrazione:

struttura

In una supercella temporalesca tutte le componenti in gioco finora menzionate assumono caratteristiche fisiche al di fuori della norma. In sintesi una supercella è una struttura a singola cella, alimentata da un unico grande ed intenso updraft (con velocità della corrente ascensionale compresa tra i 150/280 kmh) in relazione a fattori estrinseci che, anche se non fisicamente collegati alla sua genesi in fase iniziale, ne costituiscono parte integrante nel prosieguo della sua formazione e del suo sviluppo. In particolare mi riferisco alle correnti d’aria alle medie quote ed agli strati termici contermini sulla superficie terrestre, perché saranno proprio loro ad alimentare ulteriormente (ma ancora non del tutto) il sistema.

Partendo dall’alto: una corrente d’aria fredda e secca e un jet stream in quota sono i responsabili di due primissimi fattori di evoluzione, il primo legato al brusco ed intenso abbassamento dei valori di pressione all’interno del core della supercella, il secondo legato all’azione dinamica esercitata sul top della superstruttura temporalesca, imprimendo così sia un primo moto rotatorio, agevolato dalle forze di Coriolis*, del mesociclone ascendente (rotating updraft) e sia un accentuarsi degli effetti del già elevato windshear negli strati più bassi della troposfera per opera di venti alle varie quote che, per causare la rotazione del sistema, dovranno necessariamente evidenziare diverse caratteristiche vettoriali di intensità e direzione. Per cui, per la sola influenza del jet stream, non si originerà ancora alcuna rotazione negli strati inferiori della supercella.

Nell'immagine un'area di bassa pressione (L) originata dal flusso del jet stream:

Lpressure_Jet_Stream

Un'illustrazione sulle dinamiche ed origini del Rear Flank Downdraft:

rfd_connection

*Approfondimento 1: in fisica, la forza di Coriolis è una forza apparente, a cui risulta soggetto un corpo quando si osserva il suo moto da un sistema di riferimento che sia in moto circolare rispetto a un sistema di riferimento inerziale.

Descritta per la prima volta in maniera dettagliata dal fisico francese Gaspard Gustave de Coriolis nel 1835, la forza di Coriolis dipende, anche come direzione, dalla velocità del corpo rispetto al sistema di riferimento rotante.  È alla base della formazione dei sistemi ciclonici o anticiclonici nell'atmosfera e ha effetti non trascurabili in tutti i casi in cui un corpo sulla Terra si muova ad alta velocità su lunghi percorsi, come per esempio nel caso di proietti di artiglieria o missili a lunga gittata (vedi anche nel par. “Complementi ed integrazioni concettuali a “I tornado” presente nell'ultimo capitolo).

Meno comunemente (ma più correttamente) ci si riferisce al manifestarsi di questa forza apparente anche con l'espressione effetto Coriolis.

Gli effetti depressionari del jet stream si ripercuoteranno quindi dapprima sulla sommità dell’updraft. Ad essa viene impresso un primo momento d’inerzia positivo*: l’indispensabile “giro di manovella” di quasi tutto il sistema che prima o poi, nel suo valore negativo, sarà il corresponsabile del rallentamento della rotazione dell’updraft e dell’estinzione del tornado per opera di “soffocamenti” termodinamici causati dall’azione dei downdrafts. Tuttavia la sola azione dinamica di una corrente a getto e di un elevato wind shear alle alte quote non può influenzare l’intero updraft conferendogli caratteristiche fisiche tali da permettere una tornadogenesi. Più avanti, nel prosieguo dei successivi capitoli, analizzeremo altri aspetti fondamentali nel processo di formazione di un mesociclone capace di generare funnel clouds capaci di raggiungere ed impattare sulla superficie terrestre dando vita ai temibili ed onnipotenti tornado.

*Approfondimento 2: il principio di inerzia fu scoperto da Galileo Galilei e dettagliatamente descritto in due sue opere, rispettivamente, nel 1632 e nel 1638: “il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo e Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti alla meccanica e i movimenti locali”. La sua prima enunciazione formale è di Isaac Newton (Philosophiae Naturalis Principia Mathematica): se un corpo è fermo o si muove di moto rettilineo uniforme, vuol dire che non è soggetto a forze oppure che la risultante delle forze che agiscono su di esso è nulla. Viceversa, se la risultante delle forze applicate a un corpo è nulla, esso è fermo o si muove di moto rettilineo uniforme.

Newton, nei “principia”, dedica all'inerzia la definizione:

“La vis insita, o forza innata della materia, è il potere di resistere attraverso il quale ogni corpo, in qualunque condizione si trovi, si sforza di perseverare nel suo stato corrente, sia esso di quiete o di moto lungo una linea retta. Questa forza è proporzionale alla forza che si esercita sul corpo stesso e non differisce affatto dall'inattività della massa, ma nella nostra maniera di concepirla. Un corpo, dall'inattività della materia, è tolto non senza difficoltà dal suo stato di moto o quiete. Dato ciò questa vis insita potrebbe essere chiamata in modo più significativo vis inertiae, o forza di inattività. Ma un corpo esercita questa forza solo quando un'altra forza, impressa su di esso, cerca di cambiare la sua condizione (di moto o di quiete); e l'esercizio di questa forza può essere considerato sia resistenza che impulso; è resistenza quando il corpo, cercando di mantenere il suo stato attuale, si oppone alla forza impressa; è impulso quando il corpo, non dando libero corso alla forza impressa da un altro cerca di cambiare lo stato di quest'ultimo. La resistenza è solitamente ascritta ai corpi in quiete e l'impulso a quelli in moto; ma moto e quiete, come vengono intesi comunemente, sono solo relativamente distinti; e d'altronde, quei corpi che comunemente sono considerati in quiete non lo sono sempre realmente”.

Il concetto di inerzia comprende diverse grandezze, come il momento di inerzia.

Il momento di inerzia è una misura della resistenza del corpo a mutare la sua velocità rotazionale (in positivo o in negativo), è una grandezza fisica utile per descrivere il comportamento dinamico dei corpi in rotazione attorno ad un asse. Tale grandezza tiene conto di come è distribuita la massa del corpo attorno all'asse di rotazione e dà una misura dell'inerzia del corpo rispetto alle variazioni del suo stato di moto rotatorio.

Il momento d'inerzia finora trattato è anche chiamato momento d'inerzia di massa per distinguerlo dal momento di inerzia di superficie utilizzato ad esempio nella Scienza delle Costruzioni, chiamato anch'esso momento d'inerzia ed indicato con lo stesso simbolo “I”.

Scendiamo di qualche migliaio di metri ed analizziamo una corrente alle medie quote: essa, a causa di una direzione diversa ed evidentemente favorevole, imprime all’updraft una seconda rotazione ed un secondo momento di inerzia in una seconda sezione della colonna rotante ascendente, decrementando ancor più i valori pressori. A causa di questo nuovo risultato dinamico gran parte di questa corrente d’aria in ingresso viene richiamata all’interno del mesociclone alimentando ancor più il sistema e decrementando ancor più i valori di pressione atmosferica al suo interno.

Ma essendo più fredda degli strati sottostanti essa convergerà al suolo sottoforma di downdraft. Una volta raggiunta un altezza prossima al suolo essa sortirà gli effetti depressionari dell’updraft e dell’inflow (vedi immagine precedente), che analizzeremo poi, e si inserirà nel sistema sottoforma di RFD (Rear Flank Downfìdraft).

Solo da pochi anni, grazie alla ricerca statunitense ed alla realizzazione di sonde aeree e di veicoli capaci di “entrare” nel core di un tornado si è potuto verificare diminuzioni, per quelli più potenti, fino a 400 hPa, ossia il 40% del valore normale della pressione atmosferica: è un sottovuoto naturale impressionante se si pensa ai vetusti valori teorici del 20%. (si ricorda che 1 hPa = 100 Pascal e che la pressione normale al livello del mare è 1013 hPa, equivalenti a 760 mm di mercurio). In questo istante la rotazione del mesociclone nel sistema è ancora piuttosto lenta per originare una funnel cloud.

Poco più in basso, a quote prossime alla superficie terrestre, altre correnti confluiranno nel sistema.

Prima di osservarle ed analizzarle nel secondo capitolo vi propongo l'immagine di una vigorosa e spettacolare inflow band in ingresso nel sistema supercellare: un autentico "aspirapolvere" naturale.

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Roberto Viccione

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